Adobe Flash, non è mai stato un plug-in stabile ed efficace, e questo purtroppo è un dato di fatto che sappiamo in troppi. Flash è stato il plug-in più diffuso in assoluto per la riproduzione di contenuti multimediali, nato su desktop e sbarcato sino ai device mobili, attraversando il mare della rete con i browser web. Da qualche anno però le insufficienti risorse in quanto a stabilità e sicurezza, lo stanno facendo sorpassare rapidamente da un nuovo standard emergente, HTML5, che garantisce maggiori prestazioni, efficienza e sicurezza.
Basti pensare che solo nel 2015 siano stati scoperti e riportati 316 bug su Adobe Flash, sei a settimana, circa uno al giorno e si capisce che, per un plug-in che ha ormai 18 anni sul groppone, le giustificazioni sono inconsistenti. E così prima Apple e poi Google lo hanno eliminato del tutto, sia dai sistemi che dai circuiti di pubblicità.
La paura viene poi dalle minacce: dopo l’evento di Ottobre, dove è stato consigliato vivamente di disinstallare il plug-in, in circa due mesi Adobe ha sistemato 113 bug di varia natura. L’ultimo update è definito un aggiornamento di emergenza, risolve vari problemi, inclusa una vulnerabilità (CVE-2015-8651) già sfruttata da cyber criminali. Ma questo non basta a giustificare l’esistenza di Flash, in quanto è sempre stato e continua ad essere instabile e pesante, anche se spesso ancora insostituibile. Come noto, secondo molti osservatori, è un software ormai obsoleto a fronte delle tecnologie attuali e alle astuzie dei pirati, portatore di problematiche congenite e probabilmente impossibili da risolvere alla radice con meccanismi di Prevenzione Automatica degli Exploit. Con Chrome, però è possibile limitare i danni e utilizzare questa modalità che dalle ultime versioni del browser di Google è già attiva di default. Ma questo non risolve di certo la situazione. “Quando sei su una pagina web che esegue contenuti Flash, noi metteremo in pausa i contenuti (come le animazioni Flash) che non sono centrali nella pagina, mantenendo attiva al tempo stesso la riproduzione dei contenuti centrali (come ad esempio un video)”, ha fatto sapere la società all’interno di un post.